Giugno e Luglio 2010

MONZUNO 16/06/2010
Sala Biblioteca ore 21.00
COME DIO COMANDA di Gabriele Salvatores
Italia 2008

VADO 29/06/2010
Biblioteca Comunale ore 21.00
VUOTI A RENDERE di
Jan Sverak
Repubblica Ceca, Gran Bretagna 2007

MONZUNO 6/07/2010
Sala Biblioteca ore 21.00
COUS COUS di Abdel Kechiche
Francia 2007
Come dio comanda
In una landa desolata del Nord-Est Italia, tra cave di pietra, case sparse e anonimi centri commerciali, vivono un padre e un figlio. Rino Zena, disoccupato e ostinato, educa Cristiano, un adolescente timido e irrequieto che i compagni schivano e le ragazzine umiliano. Soli contro il mondo e contro tutti, hanno un solo amico: Quattro Formaggi, un disgraziato offeso da un incidente con i fili dell'alta tensione e ossessionato da Dio, dal presepio e da una biondissima pornodiva. Uniti da un amore viscerale, Rino e Cristiano tirano avanti un'esistenza orgogliosa che reagisce alla prepotenza del prossimo e all'ingerenza dei servizi sociali. Dentro una notte di pioggia e fango una ragazzina cambierà per sempre i loro destini. Gabriele Salvatores raccoglie per la seconda volta la sfida di Niccolò Ammaniti. Eppure non si tratta veramente di una sfida, piuttosto di un completamento, di uno sviluppo, di una naturale trasposizione dalle parole alle immagini. Il regista milanese si mantiene infatti sostanzialmente fedele al dettato del romanzo omonimo, con qualche minima variante e alcuni interventi chirurgici. La sua operazione consiste nel lasciarsi il tempo di trattare ciò che ha scelto di conservare e nell'evidenziare la natura “cinematografica” del libro.
Così dopo il viaggio verso la coscienza e la disubbidienza (all'ingiustizia) di Io non ho paura, Salvatores gira un('altra) favola nera, affollata di lupi, agnelli e bambine col cappuccio rosso, che procede in direzione contraria e parallela dentro un cono d'ombra e nella risonanza panica del paesaggio. Dopo essere andato a Sud, l'autore si sposta nel lontano e mitizzato Nord, palesandolo e rivelandone i tratti spaventosi. Un luogo di sassi e fango abitato da tre personaggi immersi in un sordo rancore nichilista, che si trascinano giorno dopo giorno tra voglia di integrazione e profonda insicurezza. Come dio comanda descrive le ferite e le miserie di “precari” dell'esistenza sgradevoli e violenti. Una tipologia impossibile da integrare che riesce a trasmettere lo strazio della propria condizione umana per la verità che esprime e che vive di espedienti in una realtà dove tutti sono diventati troppo ricchi. L'impetuoso padre di Filippo Timi porta in sé una ferita che i servizi sociali hanno diagnosticato ma che non si preoccupano di guarire. Nessuno lo protegge o lo sostiene nel quotidiano, nessuno gli offre una chance per uscire da un'esistenza impedita a ogni possibile normalità. Zena è un soggetto inaffidabile, costretto a lottare contro la logica implacabile di un assistente sociale che minaccia di togliergli il figlio, unica e reale possibilità d'amore, e il loro elementare diritto di essere una famiglia.
Poi, il lampo di un temporale infinito scatenerà un evento al di sopra delle loro possibilità, qualcosa di inatteso che ha il carattere del destino. Coniugando una tragedia privata con il non senso collettivo, Salvatores si pone il problema di come continuare a fare del cinema a partire dalla realtà e dalle sue storie, senza ricadere nell'ambiguità morale della mimesi del reale. Imprime quindi alle immagini uno sguardo etico, che rispetta la complessità dei corpi messi in scena e degli accadimenti di cui si fanno veicolo. Quest'ordine di considerazioni si produce come volontà di guardare il prima delle vite dei tre protagonisti, che sfocia nella tragedia quotidiana del loro durante.

Sulla cattiva strada

Amore furente tra padre e figlio in una provincia del Nord Italia, terra desolata ai piedi delle montagne e tra i boschi: fabbriche, capannoni industriali, casette a schiera, centri commerciali, immense segherie, cumuli di alberi tagliati e accatastati. Diluvi. Cielo grigio. Gente ignorante e brutale dalle idee storte, avviata su quella che Fabrizio De Andrè chiamava «la cattiva strada». Il padre spesso disoccupato, violento, prepotente, xenofobo, turpiloquente, non crede nella libertà ma nella pistola; il figlio adolescente cerca di somigliargli e di essere stimato da lui, si vogliono bene «di un amore torbido e oscuro». Vivono insieme, da soli. Il padre tenta di educare il figlio come può, come sa: lo incita alla vendetta fisica e all'opportunismo, lo comanda a scappellotti. Il figlio lo adora, lo venera, lo imita. E' loro amico un ex operaio colpito alla testa in un incidente e divenuto mezzo matto (Elio Germano). Una lunga notte terribile, piena di pioggia e di sangue, cambierà tutto per tutti e tre.
E' una storia interiore e nello stesso tempo collettiva, che disegna la mala disposizione di una popolazione insieme con l'interiorità crudele o folle dei personaggi: l'effetto è molto forte e può anche condurre a degli equivoci italiani.
All'origine del nuovo film che Gabriele Salvatores ha diretto dopo quattro anni di silenzio c'è il romanzo Come Dio comanda di Niccolò Ammaniti, asciugato, privato di altri personaggi, condensato sull'essenziale rapporto padre-figlio e sulla rozza brutalità di certa gente del Nord. Filippo Timi è bravissimo nel personaggio del padre, il debuttante Alvaro Caleca impersona bene il figlio; Elio Germano, il matto, è poco sorvegliato, ogni tanto lezioso (ma è bello che si sia fabbricato due braccia e mani fittizie per abbracciarsi, per accarezzarsi, e che abbia una mania per le dive del porno televisivo). Il film duro dà a volte un'impressione di maniera nel ritratto dei personaggi maneschi e parafascisti: ma è costruito e realizzato benissimo, con una forza grande, appassionante.
Da La Stampa, 12 dicembre 2008
di Lietta Tornabuoni La Stampa

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