Tutti battiti del mio cuore
(De battre mon coeur s'est arreté)
di Jacques Audiard
Francia 2005
Con Romain Duris, Aure Atika, Emanuelle Devos, Niels Arestrup, Jonathan Zaccai.

Metronomo

Tom ascolta pop-elettronico mentre le sue mani si muovono con naturale frenesia al ritmo degli studi di musica classica che sta preparando per un’audizione.
Ogni rumore diventa impercettibile, la dimensione è ovattata: esiste solo l’essenza della Musica, quella che ti attanaglia senza via di scampo e ti attrae e spinge sempre più in fondo nel suo vortice di affascinante seduzione.
Mani violente si sciolgono in movenze dolci e carezzevoli nei confronti di quei dannati tasti di pianoforte che permettono ad un pianista di mettersi in contatto con la musica, quel tramite incantato che se da un lato non potrai fare a meno di amare alla follia, dall’altro sarà l’oggetto al quale griderai mille volte la tua rabbia per quella scala che mette in difficoltà la tua mano, per quel fastidio provocato dall’eccessiva sollecitazione e studio, per quel tendine sotto tensione che sei consapevole tra poco ti tradirà.
TUTTI I BATTITI DEL MIO CUORE si insinua nei rapporti fra una persona e il mondo, fra una persona e la musica, fra la musica e il mondo: le combinazioni infinite dei rapporti interpersonali si fondono e si articolano nel corso della vicenda in una storia dall’evoluzione placida e meticolosa, come lo studio di una rapsodia o di una sinfonia. Costante e testardo, il protagonista vede cozzare in sé e nel mondo che lo circonda gli opposti che mantengono vivo il mondo, comprendendone il ruolo inevitabile ma non rassegnandosi ad una sua sottomissione.
Tom vive d’istinto, di sensazioni tattili, afferra la sua vita a ritmo di musica, si tratti di quella che lo accompagna nelle pulsanti traversate in auto attraverso la città notturna colorata delle luci al neon o di quella che lo culla nei momenti di studio, nei quali faccia a faccia con uno spartito, affronta il passato, il presente e il futuro affidandosi a quelle singole frasi, a quei singoli respiri per scollegarsi dal mondo che lo circonda per concentrarsi esclusivamente sul suono, sulla tecnica, sulla forma, sullo stile.
Virgilio nella selva di arpeggi e accordi è in questo caso una guida le cui parole incomprensibili e perentorie danno corpo e forma al rigore musicale, alla ferrea disciplina che si cela dietro l’esecuzione, alla determinazione che ad un occhio esterno può apparire snervante e che in realtà è l’unico mezzo per entrare totalmente in contatto con la musica: è quindi nei consigli in cinese enfatizzati da gesti e sguardi che Tom si riavvicina alla filosofia della disciplina dei musicisti, di chiunque riesca a chiudere i propri occhi e ritrovare dietro le proprie pupille file e file di crome e biscrome e riesca a sentir risuonare nelle proprie orecchie melodie e accompagnamenti.
L’elemento umano si attorciglia al filo rosso della musica, realistico schiaffo all’universo trasognato e meraviglioso del cosmo dei suoni: il dramma quotidiano, la violenza, la brutalità riporta l’intera dimensione filmica al grigiore macchiato di sangue delle occupazioni degli stabili e degli sgomberi, delle perdite di denaro, del tradimento delle amicizie, dei furti, delle minacce, delle vendette, degli omicidi.
La sintesi del percorso del film di Audiard è insita in una delle sequenze visivamente più coinvolgenti: Tom, che come qualunque musicista si tiene lontano da tutto ciò che può danneggiare l’esecuzione, osserva le proprie mani ferite ed insanguinate.
La magia della musica si dovrebbe spegnere qui, nella “dissacrazione” delle mani di un pianista: ma non è così.
Si continua a suonare, si continua a viaggiare lungo gli infiniti e dolorosi binari della musica.
Come sempre è stato e sempre sarà.

Priscilla Caporro
www.spietati.it

rassegna Vita & Musica

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