LA ZONA

Spagna, Messico 2007
di
Rodrigo Plà .

Con Daniel Giménez Cacho, Maribel Verdù, Carlos Bardem, Daniel Tovar, Alan Chàvez, Mario Zaragoza, Marina de Tavira, Andrès Montiel, Blanca Guerra, Enrique Arreola, Gerardo Taracena.

L’opera di Rodrigo Plá, presentata alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia, appare come un film fantapolitico dai risvolti raffinati e sofferti. Pur con qualche eco del clima di persecuzione di 1984 e delle situazioni orrorifiche - metaforiche dei film di Romero, La zona si presenta come totalmente realistico e credibile, per poi instillare nello spettatore la sgradevole sensazione di stare assistendo ad una lenta caduta verso la degradazione morale di un’intera società. Il giovane protagonista, figlio di uno degli abitanti della zona, si troverà faccia a faccia con ciò che per il suo microcosmo è lo spauracchio e al contempo il capro espiatorio: uno dei ladri, il più giovane ed il solo sfuggito alla furia dei suoi vicini. E sarà un confronto tra la sua morale e quella dei suoi genitori, tra la sua conoscenza del mondo e il suo personale senso di pietà e comprensione.

Dietro di lui, gli adulti, in conflitto fra difesa dei propri privilegi e umanità. Come in The village, non è la fuga dalla violenza che salva chi si crede al di sopra del bene e del male, perché ciò che è insito nell’uomo non entra solo dalle brecce nei muri, ma emerge anche dalle crepe presenti nell’anima degli uomini. Il film si presenta, in ogni fotogramma, come una struttura solida, calibrata ed elegantemente ragionata: non scade nel banale thriller, né nella fiction di denuncia. Centra perfettamente il bersaglio senza essere retorico, grazie anche ad alcune scelte di regia che risultano toccanti senza mai suonare false. Anche se purtroppo, sembra che per Plá la società sia destinata alla totale disfatta morale. Gli spunti narrativi sono molti, e risolti nei modi più coerenti e coesi. I temi del il mondo dei ricchi, che si regge su ipocrisia, violenza e arroganza (quasi senso di onnipotenza), del danno subito dagli adolescenti, educati con valori morali parziali ed inumani, e

della disperazione dei poveri, umiliati fino all’annientamento, trovano un intreccio che non delude ed un gran finale che, lontano anni luce dal semplicismo con cui si potrebbe chiudere un normale action movie con venature di denuncia sociale, lascia lo spettatore con un reale vuoto nel cuore, desolato di fronte alla presa di coscienza della totale caduta della civiltà nel mondo borghese. Ma La zona lascia anche con una scintilla, come una luce, che ci permette di mettere in discussione la nostra idea di giustizia. In un caso come questo (raro, ma possibile), il Cinema diventa l’Arte che permette di indagare il Mondo.

Enrico Ruffato – nonsolocinema.com

La zona è un film che non fa sconti a nessuno.

Sembrerebbe raccontare una minuta ed immaginaria porzione del Messico, e viceversa salta completamente i confini geografici, puntando il dito contro il mondo occidentale nel suo complesso e nella sua complessità. Con un’opera prima che sorprende per rigore ed intensità, al punto da guadagnarsi Il Leone Del Futuro, il premio che a Venezia marca il regista più promettente, Rodrigo Plà firma un lavoro di fantascienza sociale – se così possiamo qualificare quell’insieme di film che ispezionano, rielaborano, radicalizzano e poi esibiscono alcune inquietanti tendenze presenti all’interno delle società. In questa categoria reperiamo film come Dogville, di Von Trier, o L’invasione degli ultracorpi, di Siegel, o Fahrenheit 451, di Truffaut. Film apertamente apocalittici, incubi ad occhi aperti, a metà tra tragedia ed horror, che rivelano cosa potrebbero diventare le società se confermassero e più tardi estremizzassero alcuni aspetti non particolarmente democratici. Ovviamente, questi film mettono in scena un futuro prossimo, o un lontano passato, e piuttosto che giocare con il realismo, preferiscono accostare le forme dell’allegoria o della metafora, facendo vedere tutto in chiave fantastica - tanto che i film, alla fine, somigliano ad un monito: un’immagine facilmente rintracciabile nella memoria, adatta a guidarci se qualcosa del genere dovesse proporsi.

Ma Plà vira felicemente verso le forme del realismo, e costruisce una storia che si radica nel nostro presente. Senza neanche lavorare tanto di immaginazione, il regista inquadra la

Zona, un quartiere curato e pulito, clamorosamente immacolato, del tutto fuori luogo rispetto ad una Città del Messico disegnata come un girone dell’inferno: nera, tristissima, con mozziconi di case impilate in un tetris inestricabile che s’irradia ovunque. La Zona esiste perché un muro divide il quartiere dal resto della città ed una pattuglia di vigilanti sorveglia il confine attraverso gli occhi delle telecamere. Solo che il giorno in cui tre giovanissimi si introducono per rapinare, l’altissima borghesia che abita la Zona, senza ricorrere alla legge, decide di farsi giustizia da sola, uccidendo due ragazzi e processandone il terzo, in un finale nerissimo come il sangue che si secca e non va più via.

Girato a mano, livido del colore della cenere, La Zona è un durissimo atto di accusa al nostro modo di vivere e percepire gli Altri. È il film che rivela il mito dell’uomo occidentale: il mercato aperto e la società chiusa, dove a percorrere le distanze sono solo le merci ed i flussi finanziari, mentre sui confini impenetrabili, ritagliati via dalla beatitudine, premono le masse dei disperati.

Ed il cinema di Plà ha questo di feroce: che è una fantascienza prossima ad avverarsi. Ed il senso di prossimità sgorga dall’uso sapiente del linguaggio cinematografico: la contiguità tra le inquadrature mosse da documentario e le immagini asettiche delle telecamere di sorveglianza rendono l’idea che tutto stia avvenendo adesso, sotto i nostri occhi. Occhi che, dopo i titoli di coda, hanno perso la loro innocenza: hanno già visto cosa sarà, cos’è nel presente, un mondo di mura e sangue.

Giuseppe Zucco – sentireascoltare.com

Rassegna Tempi Moderni

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