CHE – Guerriglia
(Che – Part Two)
USA, Francia, Spagna 2008

di Steven Sodebergh .


Con Benicio Del Toro, Demian Bichir, Santiago Cabrera, Elvira Mìnguez, Julia Ormond, Rodrigo Santoro, Ramón Fernández, Yul Vazquez, Jose Caro, Jsu Garcia, Marisé Alvarez, Franka Potente, Catalina Sandino Moreno


In questo secondo capitolo della storia del Che, Steven Soderbegh fa un salto di ben 8 anni: dal 1958 con la presa di Cuba si passa direttamente al 1966, anno in cui il Che, all’apice del suo potere, scompare misteriosamente dalla scena internazionale per poi ricomparire in incognito in Bolivia, dove organizza un piccolo gruppo di compagni cubani e reclute boliviane, destinati a dare inizio alla grande rivoluzione latino-americana che lo porterà alla sconfitta e inevitabilmente alla morte. Nel primo capitolo era evidente l’accento posto sulla forza e sul trionfo della lotta organizzata e comandata dall’alto da Fidel Castro e egregiamente diretta dal Che, che riuscì a rendere Cuba libera dalla dittatura di Batista, grazie anche ad un forte consenso popolare. La guerriglia era sempre più consapevole del fatto che sarebbe riuscita a raggiungere l’obiettivo desiderato. Nella seconda parte invece quella forza e quell’entusiasmo presente nella presa di Cuba, viene a perdersi. Nella realtà dei fatti il mancato consenso popolare e l’appoggio inesistente di Castro e del partito finirono per rendere la guerriglia un semplice e piccolo gruppo disorganizzato. Per tradurre meglio il chiaro senso di fallimento a cui questa spedizione stava man mano andando incontro, il regista si è servito di alcuni escamotage molto validi: dialoghi pressoché inesistenti, una presa diretta in vero stile documentaristico, senza alcuna musica di sottofondo e fatta perlopiù in ambienti scuri e poco luminosi così da creare immagini dai colori più freddi. Benicio del Toro ha saputo interpretare con estrema cura i caratteri distinguibili del Che, riportandolo nei panni di un Uomo, non più icona abusata spesso dalla società in maniera inappropriata. In queste vesti il Che torna ad essere un semplice essere umano, dotato di forte personalità e di profondi ideali, umile con i propri compagni, leale con i nemici e orgoglioso delle sue azioni fino alla fine, anche in punto di morte.


Silvia Caputi – ecodelcinema.com
Novembre 1966…

Ernesto Che Guevara, allora Ministro per l’Industria a Cuba e all’apice della sua carriera politica, decide di lasciare l’isola dei mojito nella convinzione di esportare l’esempio della rivoluzione cubana anche in altri paesi del Sud America oppressi dalla dittatura. Dopo l’insuccesso ottenuto in Congo, organizzato un piccolo gruppo di compagni cubani e nonostante il parere dubbioso del leader maximo, Fidel Castro, decide di partire alla volta della Bolivia. Sin dall’inizio della campagna molte sono le difficoltà che il Comandante si trova a dover affrontare: il partito comunista boliviano si divide e finisce col non dare alla rivoluzione il sostegno promesso, il gruppo di guerriglieri si trova presto isolato, senza cibo e rifornimenti, incapace di reclutare consensi e sostegno da parte dei contadini e della popolazione locale, che anzi finirà col sostenere l’esercito e la polizia boliviana. In poco meno di un anno il campo di addestramento verrà scoperto. L’8 ottobre 1967, vittima di un agguato, Guevara sarà catturato a La Higuera. I generali boliviani decideranno di giustiziarlo il giorno dopo, non senza un accurato servizio fotografico che contribuirà ulteriormente, negli anni a venire, a costruire quell’immagine di eroe rivoluzionario che lo ha consacrato al mondo intero. Dopo Che – L’Argentino, arriva sugli schermi il secondo lungometraggio incentrato sulla rivoluzione boliviana e che completa un disegno preciso e puntuale del Comandante, frutto di diversi anni di lavoro da parte di tutto lo staff di Soderbergh. Dopo aver intravisto l’evoluzione di Guevara, da medico e semplice sostenitore della rivoluzione a comandante carismatico e indiscusso, il quadro si completa mostrando ancora di più la vera anima dell’argentino, mossa da nessun tipo di rivalsa di potere ma solo dallo spirito idealista e libertario, che lo ha reso al contempo vittima ed eroe. In questa seconda parte scompaiono i flash-back e il flash-forward in bianco e nero e prevale l’uso del colore. Lo spettatore ha quasi l’impressione di trovarsi trascinato nel pieno della giungla, grazie anche ad una fotografia più cupa, dovuta all'utilizzo quasi esclusivo di illuminazione naturale e una regia veloce e rapida, realizzata con l’innovativa macchina digitale RED - già utilizzata nella prima parte - che, attraverso i suoi 4 chili e mezzo, garantisce la stessa resa del 35 mm e la qualità del digitale puro. Trattandosi di un biopic piuttosto preciso e scevro da alcun tipo di faziosità o interpretazione, l’intero film ha già in sé quel senso di sconfitta e morte che la Bolivia lascerà al Comandante. Dopo la gloria e i colori delle case coloniali di Cuba, qui vediamo pioggia, malattie, morti e l’incapacità del popolo e anche dello stesso esercito, di credere e affezionarsi fino in fondo a questa lotta. La rivoluzione e gli ideali lasciano presto il posto all’amara sconfitta, e si chiude con gli ultimi istanti di vita del comandante, esanime, a terra, forse inconsapevole della futura memoria che lo renderà sconfitto nel campo ma vincitore nell’immaginario collettivo. L’ultimo sguardo che Soderbergh vuole lasciarci è forse quello che permane in molti: il guerrigliero che, alla volta di Cuba, guarda con speranza e fiducia l’orizzonte di un futuro imponente e smisurato, allora ancora sconosciuto.


Daniela Silvestri - Silenzio-in-sala.com

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