La vìe en rose
(La Mome) Francia, GB, Rep. Ceca Italia 2007
di Olivier Dahan.
Con Marion Cotillard, Silvie Testud, Jean-Paul Rouve, Pascal Greggory, Marc Barbé, Emanuelle Seigner, Gerard Depardieu, Catherine Allégret.

Un ritratto libero e non didascalico della cantante francese Edith Piaf
La pellicola, ambientata in Francia e a Praga, ripercorre i drammi e le gioie di una delle leggende della canzone francese e internazionale, Edith Piaf. Nata nei sobborghi parigini, la diva diventa famosissima fin da giovane. La sua voce, caratterizzata da mille sfumature, era in grado di passare da toni aspri a toni dolcissimi. Molte le sfortune e i fatti negativi: incidenti stradali, coma epatici, interventi chirurgici, delirium tremens e anche un tentativo di suicidio. La pellicola di Dahan ricostruisce bene una delle sue ultime apparizioni pubbliche in cui appare piccola e ricurva, con le mani deformate dall'artrite e con radi capelli. Solo una cosa era rimasta inalterata e splendida: la sua voce. Il fatto che il regista abbia preso come spunto iniziale per il film una fotografia della cantante e non la sua musica non ci sorprende affatto. Conferma, anzi, il taglio pienamente cinematografico dell’opera. Partire da questo punto è sinonimo di un omaggio che rifiuta il didascalismo e una ricostruzione strettamente biopic. Il termine corretto è ritratto che, oltre a esaltare il talento artistico della Piaf, si addentra nel cuore della sua complessa umanità. Il regista, pur documentandosi a lungo, ha preferito seguire le proprie idee senza farsi influenzare da qualcuno in particolare (amici, conoscenti) o da letture intraprese. La scelta di evitare il taglio biografico si sviluppa attraverso un doppio binario. L’ottima interpretazione di Marion Cotillard che fugge qualsiasi tentativo imitatorio e nasconde, sottilmente, il preciso intento di dare alla performance stessa una vita sua, lontana da condizionamenti o costruzioni esterne. In secondo luogo, il regista, consapevole di riduttive letture critiche, ripercorre alcuni dei fatti principali della sua esistenza senza rispettare l’esatta cronologia. Ogni frammento di vita sembra giustificarsi grazie a quello precedente. Il senso delle cose prende quota piano piano lavorando di addendi. Le molteplici facce della diva emergono con una soave naturalezza rendendo facile e scorrevole la lunga visione del film.
Matteo Signa- mymovies.it

Esistono storie e storie di vita di grandi personaggi della storia dell’umanità. Come esistono storie di vita di artisti che si possono considerare universali per la loro unicità di forza umana che sanno o hanno saputo trasmettere attraverso il loro talento artistico. Quella forza sublime che solo l’arte e l’artista contengono, e la cui interpretazione sempre e continuamente riesce a scuotere le coscienze,
a parlare direttamente all’anima. C’era una volta una bambina, nata agli inizi del secolo scorso e secondo la leggenda partorita in un portone, costretta ad una vita misera e nella miseria. I suoi grandi occhi blu guardavano quella piccola parte di mondo della Belleville parigina, i vicoli malfamati, i marciapiedi dove, per soldi, esibiva le sue naturali doti canore. Le grandi voci non passano inosservate, a maggior ragione quando il canto cattura l’attenzione dei passanti per strada. E così per Edith Gassion (Marion Cotillard), l’incontro per strada con Louis Leplèe (Gerard Depardieu), folgorato dalla sua voce, segna un momento di rottura con un passato squallido ed umiliante, per dare inizio pian piano alla trasformazione di Edith Gassion nel personaggio della “Môme”: Edith Piaf. La voce della Piaf presto arriva oltre oceano. Conquista l’America quella donnina fragile, piena di forza interiore, di amore, di passione. Con la sua voce rabbiosa, ma nel contempo emozionante e commovente, canta la vita, l’amore, la speranza. Canta Edith Piaf! Canta per il suo pubblico, per la gente che l’aspetta in platea con trepidazione, anche quando la vita non le risparmia dispiaceri terribili, non la risparmia dalla malattia, dall’insopportabile dolore fisico. Chi era veramente “la Môme”? Cosa sappiamo della Piaf persona, leggenda nazionale della Francia ma anche del mondo intero? Cosa ha permesso veramente a questa donna goffa, impacciata, di sopravvivere e alla fine uscire dalla povertà e dalla sofferenza dei sordidi quartieri del dopo guerra parigino, fino alla conquista di quel riconoscimento di un messaggio di arte vera, inebriante, sul palcoscenico internazionale? La risposta questa volta la dà il regista di questo film straordinario: Oliver Dahan. Senza riproporre storicamente la vita di una Parigi inizio secolo, Dahan costruisce i luoghi dell’epoca attraverso una propria sensibilità, riuscendo a catturare un proprio sguardo nella costruzione della narrazione. La riuscita dell’opera è sorprendente. Dahan entra in quel mondo parigino animato dalle strade incorniciate di Belleville, dai bordelli da cui fuoriesce l’acre odore di sudore umano. Con un’articolarsi nel montaggio di avvenimenti spazio-temporali della vita di Edith Piaf, Dahan coglie quel lato di vita dell’artista Piaf, sconosciuto al grande pubblico, dove momenti drammatici si alternano a momenti felici e di successo. Oliver Dahan costruisce così l’identità della grande artista, un’identità di gloria e successo, ma anche di vita comune, che ritrae una Piaf malandata, fragile, distrutta dalla malattia, che acquistava forza e vita nel momento in cui con il canto comunicava con il mondo. Senza dubbio, l’acutezza nella scelta di Oliver Dahan di aver saputo coordinare nella narrazione momenti chiave della vita dell’artista Piaf, ha dato al film la particolarità di un’opera compiuta nella sua interezza. Il film si veste, con classe, di tensione emozionale, e mette in scena con arte il destino paradossale di questa donna, la cui voce ha scosso e procura, nell’ascolto, sensazioni forti. Marion Cotillard, nella performance della Piaf è assolutamente sconvolgente. Interpreta la camminata, la mimica dei gesti dell’artista, come lei era solita, ossia in maniera quasi clownesca. L’interpretazione della Piaf conferisce a Marion Cotillard la capacità sublime di trascendere il personaggio, ed “essere” Edith Piaf. Questa è l’impressione che la Cotillard riesce a trasmettere, in un modo così convincente che non si può dire che non sia la Piaf, rivelandosi un’attrice di grande e ragguardevole talento. “La vie en rose” è un film magico, da cui traspare l’anima dell’artista Piaf, attraverso lo sguardo sensibile di Oliver Dahan, che, con questo ultimo lavoro, dimostra come si rende l’arte sul grande schermo. Di grande efficacia la colonna sonora, che ripropone con la voce della stessa Piaf, suoi brani intramontabili da Padam alla Vie en rose. Un film ricco di tensione ed emozione molto bel gestite nella narrazione, senza tuttavia cadere in un facile e scarno sentimentalismo.
Rosalinda Gaudiano – cinema4stelle.it

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